La guerra è arresto di civiltà: già lo gridava Cianciulli, rivoluzionario pacifista irpino

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“La guerra è orrore, assassinio, strage, perché è arresto di civiltà… perché infine è fatta sempre per il vantaggio della minoranza borghese che regge le sorti dello Stato. I giovani che si battono sui campi di battaglia, che spargono il loro sangue, che si sacrificano… muoiono per assicurare ai grandi industriali un maggior profitto, ai finanzieri e ai fornitori il triplicare delle rendite”. Parole attualissime, pubblicate su “Il Grido” nel 1915 da Ferdinando Cianciulli, pacifista socialista, chiamato alla leva. Originario di Montella (AV), il temerario dirigente socialista già nel 1911 si era schierato contro l’invasione della Libia e, nel 1914, riprendendo l’argomento al XIV Congresso del Partito Socialista Italiano, ribadì che lo strumento bellico adoperato dall’Italia contro gli Arabi, presto sarebbe stato rivolto contro il proletariato italiano. Cianciulli prefigurò persino le logiche di potenza neocolonialiste che avrebbero contrassegnato le future relazioni internazionali, volte ad estendere il dominio geopolitico: attraverso interventi bellici “umanitari”, operati dall’Occidente con arroganza e mascherati da guerre umanitarie e portatrici di civiltà. Avversò gli stessi socialisti del Partito socialista riformista, compresi quelli irpini, egemonizzati dall’arianese Oreste Franza, che vagheggiavano il sogno di una conquista coloniale, terra promessa per il riscatto del Mezzogiorno. Convinzione che avallò la sciagurata avventura d’oltremare nazionalista, massonica e giolittiana. Da fine osservatore della sua terra, il rivoluzionario irpino sapeva bene che il riscatto del Meridione, soffocato in una dimensione arcaica, sarebbe stato possibile solo se le masse contadine e operaie, avessero spezzato le catene della miseria e dello sfruttamento, rigenerando la vita degli umili con la rivoluzione sociale. E da perfetto utopista, in lotta contro l’egemonia di un ceto possidente protervo e ottuso, e un clero retrivo e colluso con i notabili, nonché tenace oppositore di privilegi, trasformismo e corruzione, non smise mai di battersi per la causa della liberazione umana. Rese così consapevoli della loro condizione di subalternità: braccianti, contadini, artigiani, operai. Prima con Il Grido degli umili (1905), poi con Il Grido (1910-20), l’Irpinia grazie a Cianciulli, cominciò ad avere visibilità e a colorarsi di rosso: gli operai delle miniere di Tufo e Altavilla si ribellarono alle condizioni disumane delle miniere di zolfo; gli stagionali di Orsara di Puglia, Montecalvo, Ariano, Lacedonia, Bonito, importarono dal Tavoliere la lotta di classe dei fratelli pugliesi; i pellettieri di Solofra si affrancarono da un padronato che non conosceva né limiti di orario di lavoro, né malattie professionali. E cominciò persino a colorarsi di rosa, con le prime donne che si affacciarono sulla scena politica, come Giovannina Morrone, compagna di vita e di lotta di Cianciulli, combattiva insegnante che individuava nella conoscenza l’imprescindibile punto di partenza per l’emancipazione femminile e dei ceti più deboli. Giovannina incitava le donne a esercitare la loro dirompente potenza per cambiare la società, a spronare anche gli uomini alla lotta, incoraggiandoli a non chinare il capo, ma a ribellarsi per i loro diritti. Superare l’ignoranza, non chinarsi davanti alle pressioni, equivaleva a preparare un mondo migliore per i figli, affinché non fossero, come i genitori, macchine da lavoro che producevano ricchezza per gli altri. Giovannina era consapevole delle difficoltà di cambiare la società e lo evidenziava nei suoi articoli, dove però si intravedeva anche una sorta di speranza per quel sol dell’avvenire, che sia per lei, sia per Cianciulli, non rappresentarono mai soltanto un’utopia, bensì il coraggioso cimento di un’intera esistenza. Lo storico Annibale Cogliano ha ripercorso con rigore scientifico, in un saggio, Cianciulli e l’Irpinia pacifista, il pensiero e la vita del politico e intellettuale montellese, che, dopo aver ripetutamente denunciato i mandanti dell’omicidio di una giovane maestra elementare (Gina Ceccacci) giunta nel suo paese natale, fu assassinato per vendetta da un notabile locale simpatizzante fascista, il 22 febbraio 1922. Della drammatica attualità del pensiero di Cianciulli, si è discusso in dicembre (2022) a Frigento (AV) presso la Biblioteca Comunale (Palazzo De Leo) con: Carmine Ciullo (sindaco di Frigento), Annibale Cogliano (storico, autore), Giovanni Capobianco (presidente provinciale ANPI), Mimmo Limongiello (presidente Auser, vice presidente provinciale ANPI), Floriana Mastandrea (giornalista, direttivo provinciale ANPI). Prevista una presentazione del saggio in febbraio (2023) anche a Castel Baronia. Floriana Mastandrea

da sin.: in piedi, il sindaco Carmine Ciullo, quindi Giovanni Capobianco, Mimmo Limongiello, Annibale Cogliano, Floriana Mastandrea

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Floriana Mastandrea

Giornalista, scrittrice, sociologa: per una società più equa, la giustizia giusta e i diritti, soprattutto per i più deboli. Combattente per indole e per necessità.
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