Massimiliano Amato – Ottavio Di Grazia – Nico Pirozzi
UNA STORIA SBAGLIATA: coltivare e proteggere la memoria, perché il passato non si ripeta
Azzariti, Badoglio, Biancheri, Hudal, Orlandi, Costermano Un secolo di bugie e mezze verità
Conosciamo la reale identità e l’effettivo operato dei maggiori protagonisti del Novecento? È possibile che, per occultare verità scomode, molti tasselli siano stati distratti e sottratti alla verità dei fatti? Che alcune tra le molte vicende raccontate, abbiano contribuito alla scrittura di una narrazione fuorviante, autoassolutoria, funzionale a un Paese che non ha mai fatto i conti col proprio passato? Esiste una narrazione diversa da quella che tre generazioni di Italiani hanno conosciuto e trasmesso ai loro figli? Verità celate e imbarazzanti sono state oscurate sotto una coltre di nebbia, a partire dall’amnistia concessa da Togliatti, che nel 1946, cancellò con un colpo di spugna quasi tutti i crimini commessi dai fascisti in Italia e fuori dal Regno. Una storia sbagliata, scritta con la complicità volontaria e non, di giornali e giornalisti, talvolta collusi, altre omertosi o addirittura, disinformati! Gli autori hanno scandagliato la vita di tre protagonisti che hanno contribuito a scrivere alcune delle pagine più buie e controverse della storia del cosiddetto “Secolo breve”: Pietro Badoglio, generale del Regio Esercito, Gaetano Azzariti, alto magistrato divenuto Presidente della Corte Costituzionale e Alois Hudal, vescovo di Sacra Romana Chiesa. Del maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, la maggior parte degli Italiani sa, ad es., che guidò un governo militare dopo la caduta di Mussolini e che fu uno dei maggiori responsabili dello sfaldamento dell’esercito dopo la firma dell’armistizio con i Governi Alleati del 1943. Pochi sanno invece, che fu Badoglio ad autorizzare l’uso dei gas tossici sulla popolazione civile della Libia e dell’Etiopia, motivo per cui l’ONU lo inserì tra i maggiori criminali di guerra, ma non fu mai processato! Pochissimi sanno che era un uomo ossessionato dal potere, che la sua storia era iniziata nella valle d’Isonzo. Era stato lui uno dei principali responsabili della disfatta di Caporetto nel novembre del 1917. E che dire di “sua eccellenza” Gaetano Azzariti, che nell’arco di quattordici anni, passò dalla presidenza del Tribunale fascista della razza, a quella della Corte Costituzionale, nel più totale silenzio delle istituzioni e degli organi di informazione? Talmente bravo a riciclarsi e a rimuovere il passato, da essere considerato e celebrato per oltre sessant’anni, come un convinto antifascista, che aveva rivestito un significativo ruolo da “salvatore” degli Ebrei! Camaleontismo, attaccamento al potere e al denaro, capacità di riciclarsi e di mostrare obbedienza e servilismo, sono stati i tratti comuni di molti personaggi della Seconda guerra mondiale, dai gerarchi agli ufficiali, i politici, i giudici e persino i giornalisti. Un’analogia fin troppo forte con i tempi che corrono, o forse, essi stessi prodromi di quelli attuali. Altra storia è quella del vescovo austriaco Alois Hudal, il regista della “Via dei Monasteri” o “Ratline”, la linea di fuga, che offrì protezione e falsi documenti a migliaia di criminali nazisti, fascisti e ustascia croati, in fuga dalla giustizia, in Paesi amici (Spagna, Siria, Turchia, Cile, Argentina, Bolivia, Paraguay e altri compiacenti). Analizzare la figura di Hudal, ha consentito di indagare anche sul ruolo della Chiesa e di Papa Pio XII negli anni del nazismo: un ampio dibattito ancora aperto. Non hanno invece mai avuto notorietà, a torto, il capo di prima classe nocchiere Carlo Orlandi, sottoufficiale della Regia Marina, che nell’ottobre del ’40 trasse in salvo gran parte dei naufraghi ebrei del Pentcho, e l’ammiraglio Luigi Biancheri, responsabile del Comando navale dell’asse di Biserta in Tunisia. Le loro vicende controcorrente, microstorie, ma solo in apparenza, contribuiscono a fornire il tassello mancante alla “Grande Storia”, chiarendo come la mancata deportazione nei campi di sterminio nazisti, dei 400.000 ebrei nordafricani, non sia stato solo merito degli Alleati, ma anche dell’ammiraglio italiano, che si rifiutò di fornire le navi all’ufficiale tedesco Rauff, boia ideatore dei “Gaswagen”. L’anguilla, che alla fine della guerra, non solo sarebbe stato tra i vertici di ODESSA, ma si sarebbe riciclato fino a diventare consulente di Pinochet al quale organizzò lo stadio, in cui venivano interrogati e torturati gli oppositori politici cileni, quando i generali preparavano la fine del Presidente Allende. Il lavoro, che riserva attenzione anche ai cosiddetti “armadi della vergogna”, si conclude con una riflessione sull’ambiguità della memoria, quella cioè, che, paradossalmente, riserva più considerazione ai carnefici che alle vittime. Un parossismo dell’oltraggio, che vede insieme vittime e carnefici, disertori e fanatici assassini, come a Costermano sul Garda, per arrivare fino a Santa Maria Capua Vetere. Quello di Costermano, è il cimitero in cui hanno trovato posto 500 tedeschi, tra i quali 12 spietati assassini, tra coloro che hanno contribuito a scrivere le pagine più infamanti della storia dell’umanità. La memoria, per dirla con Hanna Arendt, non è tenace e forte, ma ha bisogno di protezione per sopravvivere. Quella protezione che proprio le istituzioni, non le hanno garantito. Ed è lungo questa direttrice, lastricata da decenni di bugie e mezze verità, da un lato e di totale rimozione dall’altro, che si è sviluppata la falsa narrazione dell’Italia del Novecento. Che oggi, seppur con troppo ritardo, scopriamo essere anche la falsa narrazione dell’Europa. Il filosofo e scrittore spagnolo George Santayana, ammoniva che coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo. L’uomo, aggiungiamo noi, è capace delle peggiori nefandezze: troppo comodo far finta di non averlo capito, o di averlo dimenticato. Un libro che mancava, frutto di ricerche, studi e documentazione, da parte di tre eccellenti professionisti esperti di Religioni, Shoah, Storia, scritto come un romanzo avvincente, in cui però, una drammatica realtà supera la più fervida fantasia. Un lavoro necessario, che è memoria e racconto, una straordinaria testimonianza di impegno civile, per restituire verità alla Storia, per conoscere il passato scomodo e duro. Utile per coltivare il seme della democrazia e della libertà, perché il passato non debba mai più ripetersi.
Floriana Mastandrea